La voce del vento che chiama la tua pelle, il verde smeraldino dei prati primaverili, il laghetto che timidamente nasconde le sue acque quiete oltre il crinale. La conca ternana che scruti, che ti scruta con i suoi occhi di finestre; le pietre millenarie che intorno a te semplicemente stanno, sentinelle silenti di riti perduti all’alba dello stesso sole che ora ti scalda. Il gruppo é più in basso, disperso tra i lucori sacri della faggeta. Li guardi salire, ti scopri sacerdote in attesa dell’inizio di una festa. Dopo aver condiviso la maggior parte dell’ascesa, tra chiacchiere e sguardi, hai sentito la necessità di tagliare da solo tra gli alberi sacri del lucus, tra quei faggi che qualche tuo antenato venerava con timore e commozione. Sei solo sulla cima di Torre Maggiore, il più sacro dei Monti Martani. La tua prima volta qui avevi probabilmente meno anni di quanti servono per ricordare, potresti quasi chiamare per nome ogni singola pietra dei resti del tempio. Eppure, per l’ennesima volta, sei qui. Eppure, per l’ennesima volta, il posto ti parla di cose nuove, con la sua voce familare. Il tuo corpo si muove, improvvisi dei passi. Non é un camminare, il tuo, i piedi non hanno una direzione; le braccia non aiutano il passo, tendono dopo inutili arabeschi al cielo. É una danza, la tua. Forse sgraziata, di certo non coreografata; ma della danza il tuo movimento ha la necessità, la gioia, l’inutilità.
Una voce fa capolino dalla faggeta: una risata, con una punta di amichevole schermo, ferma il tuo movimento: “Ao, che stai a fa’, la danza della pioggia?”. Sorridi. Gli altri sono arrivati, i tuoi compagni di sentiero, i tuoi amici.
“É che sto posto é strano, non lo so manco io che stavo a fa’!”. Ridi, mentre provi a giustificare la tua stranezza, perché sai che in fondo non serve giustificarla; loro, probabilmente, capiscono.
Questo esordio un po’ strano vuole aprire lo spazio blog di Inter_Valli. Esso nasce dalla rielaborazione di uno dei ricordi più belli che ho vissuto all’interno dell’Associazione. Paradossale, vero? Il ricordo più intenso che ho delle varie attività che abbiamo svolto non é sui magnifici Sibillini, non é connesso all’attesa sublime del bramito dei cervi, non è legato a mondi ipogei o acquatici, né a eventi eccezionali. È là, sul monte “di casa” per eccellenza, sopra la ternanissima Sant’Erasmo. È là, in un posto che ho visto mille e più volte, raggiunto con un giro bellissimo, ma ormai conosciuto quasi a memoria. Eppure, ho scelto di aprire gli interventi del nostro blog con quello che potrebbe sembrare il più banale dei luoghi e la meno appariscente delle uscite che organizziamo. Il motivo è presto detto: questo breve aneddoto tiene per me insieme tutto ciò che l’Associazione vuole essere: uno spazio in cui poter essere sé stessi, liberi dai giudizi delle convenzioni sociali; uno spazio di socialità in cui poter condividere questa spontaneità e la propria genuinità, grazie alle persone che ne fanno parte; un’occasione di riscoperta delle meraviglie silenti che ci stanno intorno, e che ci ricordano che uno sguardo di sfuggita non basta mai, né per i luoghi né per le persone; una parentesi di tempo in cui ci si riappropria del proprio tempo, sottraendolo alle necessità del fare per ridonarlo allo stare, con sé stesso, con gli altri, con il mondo.
Proprio in questa prospettiva volevo inaugurare questo spazio di scrittura, aperto a chiunque voglia rendere tesoro scritto le proprie esperienze in Associazione. Siano esse storie di amicizia, di luoghi, di emozioni o di qualunque altra cosa vi venga in mente, Inter_valli apre le porte di questo spazio a chiunque voglia esserne ospite.
Perché non c’è nulla di più bello dell’ospitalità, nulla di più bello del condividere e del donarsi, tramite la nostra presenza o tramite le parole che danno altra forma a questa presenza.
Aspettiamo che le vostre penne bussino a questa porta,
Jacopo Santoro